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I videogiochi e Carlo Calenda

Sarà forte ma io considero i giochi elettronici una delle cause dell’incapacità di leggere, giocare e sviluppare il ragionamento. In casa mia non entrano.
Questo il tweet di Carlo Calenda che ha scatenato una interminabile discussione tra chi è d’accordo con lui (pochissimi) e chi è contro (tantissimi).

Io sono daccordo con l’ex Ministro dello sviluppo economico: le nuove generazioni hanno un rapporto disturbato con i videogiochi. Chiunque abbia in casa un adolescente può confermarlo. Ci sono le eccezioni, è vero, ma è una evidente verità

da solo con il videogioco

Le parole usate sono forti, lo ha detto lui, e fuorvianti e forse hanno creato il clamore distogliendo il messaggio dal punto centrale dell’affermazione.

Calenda ha usato incautamente delle parole che possono far credere che abbia detto che chi gioca ai videogiochi è un assoluto imbecille e analfabeta (incapacità di leggere, giocare e sviluppare il ragionamento). Con una dichiarazione un po’ più soft forse avrebbe potuto focalizzare meglio il discorso su quanto i videogiochi rendano passivi i ragazzi, assorbendoli completamente togliendo tempo a qualsiasi altra cosa, tra cui lo studio e l’interazione sociale.

In un percorso di crescita corretto dei nostri ragazzi possono starci benissimo i videogame ed i video su Youtube, ma inseriti in un più ampio ventaglio di attività di cui purtroppo oggi i giovani videogiocatori sentono sempre meno il bisogno. Uscire e confrontarsi con i coetanei, studiare, fare sport o attività all’aria aperta. Ragazzi che giocano a Fortnite o Minecraft per 4-5 ore al giorno non possono avere tempo per queste altre cose, ma soprattutto non vogliono aver tempo.

Parlo con cognizione di causa, avendo in casa un ragazzo 15enne totalmente assorbito dagli schermi, ma che so in buona compagnia, visto che mentre gioca è in collegamento (perlomeno un minimo di socialità rimane) con gli altri videogiocatori coetanei che passano al videogioco tanto tempo quanto lui e che, purtroppo, non manifestano mai l’idea di chiudere la PS4 e incontrarsi dal vivo.

Le cuffie che usano adesso per parlarsi tra di loro mentre sparano a orde di zombie sono un ulteriore isolamento rispetto a ciò che li circonda.

Anche io che sono un po’ più grande sono cresciuto a pane e videogiochi (Amiga 500 principalmente) e quando è nato il primo figlio non mi sono assolutamente posto il dilemma che fosse un errore giocare insieme a lui giovanissimo. Non sapeva leggere e scrivere, ma era bravissimo con la tastiera davanti. Adesso invece riconosco che da genitore ho commesso un gravissimo errore e ne sono pentito.

Però anche se io avevo pochi amici ed i videogiochi erano veramente la mia attività principale, non avevo difficoltà a staccarmene e fare altro. E quando venivo chiamato per un gelato in piazza o una partita a pallone ero ben contento di uscire di casa e fare altro. I videogiochi erano divertenti, ma in questa vita ci sono un sacco di belle esperienze da fare.

Per la nuova generazione di videogiocatori invece si arriva al patologico, i videogiochi sono diventati l’unico divertimento e grazie ai videogame online in comunità anche la piazza virtuale su cui si confrontano a discapito di un faccia a faccia reale, ma forse per alcuni molto più complicato.

L’allarme videogiochi d’altra parte non lo ha lanciato Calenda ma c’è una amplia documentazione da parte di neuropsichiatri e sociologi che lo hanno preceduto.

Pertanto genitori non sottovalutate le parole di Carlo Calenda. Non dovete proibire i videogiochi ai vostri ragazzi, ma controllate il loro comportamento e valutate sempre se la vita virtuale non sia preponderante rispetto ad una sana vita sociale.

I videogiochi e Carlo Calenda ultima modifica: 2018-11-04T20:48:23+02:00 da Salvatore - admin

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